Weekend tra Castelvolturno, Vesuvio e Salerno

Marta, io, Marco, Victor ai bordi del cratere del Vesuvio
Per i prossimi due giorni parcheggiamo la bici: siamo ospiti di Marta, una cara amica. Si è trasferita da poco a Castelvolturno per lavorare con Emergency.
Dopo una doccia e un’abbondante cena, usciamo a passeggiare per il piccolo centro. Marta ci racconta che la città è divisa in due: la parte dei bianchi e la parte dei neri. Ed è purtroppo famosa per la tratta delle prostitute ed il commercio di cocaina.
Ci troviamo con un suo collega al bar e lei non esita a chiedere:
“Ma lo pagate il pizzo qui?”
“Il pizzo? Ma stai scherzando? Franco vieni un po’ qui a sentire che chiedono i ragazzi. Franco! Vieni dai!”
Si avvicina sorridente Franco, il proprietario del bar: “Buonasera ragazzi”
“Ciao” salutiamo e ci presentiamo.
“Senti Franco i ragazzi chiedono se si paga il pizzo qui”
“Il pizzo? Ma che… quale pizzo! Qui si sta tranquilli, si vive benissimo.”
“Ma non c’è la camorra?”
“Ma quale camorra, ma no. Castelvolturno si conosce per la bamba, ma quella sta in mano alla mafia nigeriana e ai casalesi. Ma la camorra non c’è più da tempo, qui si vive bene, ci si conosce tutti.”
La serata procede giocando a carte con Franco che è un gran narratore e ci racconta di quando, dodicenne, fu mandato a studiare in seminario a Roma e non capiva una mazza di italiano. Tanto che nel primo tema scolastico, pensavano avesse studiato francese perché scrisse -Je song-, espressione corretta nel suo dialetto per dire -io sono-.
Mi sveglia Marta alle 8.00 tirando su la tapparella con poco amore.
“Andiamo sul Vesuvio” mi dice.
Mentre siamo fuori a fare colazione sorge un problema: la macchina di Marta ha una ruota bloccata, ma in men che non si dica ha già mobilitato il vicino ed il collega che a suon di martellate risolvono il problema. Lei ha un’ottima capacità di coinvolgimento (e persuasione). Morale: non lasciare il freno a mano tirato per lunghi periodi.
Parcheggiamo a Ottaviano e camminiamo in su per un sentiero alberato del Monte Somma, svoltiamo a sinistra al trivio e giungiamo ad una valletta ai piedi del cono del Vesuvio. Qui l’incendio del luglio 2017 ha lasciato solo scheletri di boschi di ginestre; ma la natura è rinata in fiori.
Imbocchiamo la via che sale a sinistra e dopo un totale di 3 ore di cammino giungiamo alla vetta.
È stranissimo aver incontrato si e no 10 persone lungo il cammino e trovarsi poi una marea di turisti che passeggiano attorno al cratere… E infatti siam saliti dalla parte sbagliata. Il guardaparco si arrabbia all’istante dicendoci che siamo in territorio sequestrato a causa del danno dell’incendio, che perché siamo passati, che bisogna fare il biglietto, eccetera…
Io reagisco innervosita: “Non c’era nessun cartello di divieto, abbiamo seguito il sentiero”. Ma non è il caso di polemizzare.
“Ora tornate indietro, fate il giro e comprate i biglietti”
No! Non ci credo. Che stronzo!
Marta, Victor e Marco sono più bravi di me: col loro visino da cane bastonato si giocano la carta dolcezza e vinciamo l’entrata gratis al Vesuvio sotto lo sguardo severo del guardaparco. Evvai!
L’emozione del Vesuvio è parecchia e ce la godiamo tutta, insieme ad una pasta col pesto precedentemente preparata e stipata nei nostri zaini.
Per tornare indietro scendiamo per forza dall’entrata principale incontrando turisti su turisti e, dopo pochi tornanti, la strada asfaltata ed i pullman parcheggiati. Altro che la nostra scarpinata!
Alla biglietteria deviamo a destra per ritornare dall’altra parte del Vesuvio e camminiamo in discesa per la Valle dell’Inferno, con la pietra lavica e le sue caratteristiche cordate fino a incontrare il sentiero che ci porta alla macchina.
Questa sera dormiamo a casa di Mina e Gigino che è il dottore collega di Marta, a Salerno. Ci hanno invitati tutti e quattro, seppur senza conoscerci.
Non appena giungiamo veniamo travolti dall’accoglienza: spremuta d’arancia fresca e dolce, macedonia di frutta ed una casa piena di ricordi di gente di passaggio.
Ci portano a spasso dal porto turistico al centro della città, camminando su vecchie rotaie.
“Ma lo sapete perché è stata interrotta questa linea?” chiede Gigino “Portava le merci tra la stazione ed il porto, ed un giorno l’autista scese a bersi un caffè ma il treno scivolò sulle rotaie pendenti andando ad investire una macchina. C’era pure una signora dentro, poveretta.”
Gigino le sa tutte di Salerno e la storia la racconta con umore, mentre cammina veloce nei vicoli, entra ed esce dalle Chiese, ci prende per mano e ci mostra i dettagli con amore.
Sotto il Duomo con le sue porte di bronzo c’è una cripta, un gioiello inaspettato, un piatto squisito da divorare con gli occhi. Qui riposa San Matteo l’evangelista e poco più in là, si narra, venne mozzata la testa di San Gennaro.
“L’acqua delle sorgenti delle montagne di Salerno fu la sua fortuna, bevete, assaggiate” ci incoraggia Gigino alla fontana “Sentite che buona! Una cosa che mi piace di questa città sono le case, vedete, appoggiate l’una sull’altra, si sostengono, è una società.”

Marco e Gigino
Incastrate nelle pareti degli edifici del centro, antiche colonne, romane, medievali, o di chi sa chi.
Poesie scritte sui muri di un certo A. Gatto.
Per cena si banchettano delizie locali. Il pane di Mina vanta una pasta madre con 10 anni di vita e di cura. L’olio, la mozzarella di bufala, la ricotta, le polpette e le verdure, accompagnano il vino e le vivaci chiacchiere.
“Ma a Castelvolturno c’è la camorra?” chiede Marta.
“Certo che c’è! Non hai sentito parlare della strage di Ischia?” risponde Mina
“Perché lì c’hanno detto che non c’è la camorra, che non si paga il pizzo, che si vive bene.”
“Eh, cosa vuoi che ti dicono, loro, poi, che ci sono nati in quello squallore”
Mina si definisce un’ideologica e non vede l’ora di parlare di politica e altre cose importanti. Ne sa tante ed è sempre aggiornata. È attiva e volontaria in vari progetti, sopratutto con i giovani e li racconta con entusiasmo.
Al mattino mi alzo sulle 8.00 e trovo Marta e Gigino in cucina con il succo d’arancia e una squisita macedonia sul tavolo.
“Vieni, vieni, mangia, c’è la spremuta fresca, sono buonissime queste arance” dice Gigino super attivo “Vuoi un caffè?”
Mi siedo, ma che bello.
Che belle persone. Che bella ospitalità. Grazie.
Marta sveglia i ragazzi e gli mette fretta, effettivamente lei è un po’ veloce mentre loro sono un po’ lenti. Io non so bene da che parte stare così intanto accompagno Marta a prendere la macchina e capisco di aver fatto la scelta giusta: “Se non arrivano fra dieci minuti io parto e loro si prendono il treno non me ne frega niente”
Per fortuna vedo arrivare Marco e Victor correndo, e dopo qualche battibecco su lenti-veloci-stress-vacanza partiamo in direzione Costiera Amalfitana.
Passeggiamo fra gli alti bianchi borghi di Raito e Albori dove aspettiamo davanti alla chiesa una sposa.
E poi scendiamo a rinfrescarci e rilassarci al mare.
Rientriamo alla casa di Emergency nel tardo pomeriggio, ci docciamo veloci, raccogliamo le nostre cose e pedaliamo qualche minuto in direzione spiaggia. Stasera dormiamo lì perché domattina Marta e i suoi colleghi devono andare a lavorare e non vogliamo intrigarli.
Siamo ospiti nel lido di Michele originario e residente qui, parlante un dialetto di cui io capisco veramente poco, complice la stanchezza. Marco, Victor e Marta se la cavano meglio e mentre il sole s’abbassa all’orizzonte beviamo birra e mangiamo ciliegie.

Marco e Michele
Marta vuole avere un terzo riscontro e chiede: “Ma qui c’è la camorra?”
“Ah, io non so niente” risponde Michele “Io qui penso a lavorare, ho tutto in regola, viene la polizia a fare i controlli e non trova mai niente, ma sai chi li mandano? I miei nemici, quelli che vorrebbero il mio lido. Comunque tutti corrotti sono i carabinieri, arrivano per stare in vacanza e perché c’è mia moglie non le pagano neanche il parcheggio, lei glielo dà gratis, perché c’ha paura, ma se ci sono io, certo che lo pagano! Se no non entrano.
Non è facile campare, 13.400 euro all’anno per l’affitto devo pagare. Giusto giusto vado alla pari. E ogni anno aumentano i costi, e meno sono i turisti, e ce la faccio solo perché non ho operai…
Almeno quando c’era Berlusconi alcune cose buone le aveva fatte.”
“E cosa?”
“Tre cose buone aveva fatto lui: l’aumento di 80 euro alla pensione, i soldi per i figli e la terza… e la terza me la son scordata, accidenti. Però erano tre.
Adesso nemmeno la monnezza portano via. E i vicini me la vengono pure a buttare a me…”

Alba al lido di Michele
L’indomani Michele ci saluta: “Peccato che siete rimasti solo una giornata”
Noi lo ringraziamo di cuore e passiamo al volo da Marta che ci offre un caffè e ci abbraccia e ci bacia prima di andare a lavorare.
Si parte di nuovo in sella alle bici, sempre verso sud.
Le colonne in realtà sono resti di un enorme Palazzo reale edella sua corte. Si tratta della Reggia di Arechi, Principe longobardo. Dagli scavi effettuati negli anni ‘80, è riemersa l’antica Cappella Palatina che, nel Codex longobardorum, era descritta come rivestita tutta d’oro. Qui e nell’aula superiore ( Complesso di San Pietro a Corte ) venivano anche conferite le lauree in Filosofia e Medicina di quella che poi, con la bolla di Federico II di Svevia, divenne la prima Facoltà di Medicina d’Italia. Qui crebbe fisicamente e culturalmente una grande medichessa, Trotula de Ruggiero, la prima che studiò l’apparato genitale femminile e che divenne quello che oggi definiremmo una ginecologa. Mica male visto che eravamo solo nell’VIII secolo
Grazie Mina! Un abbraccio :)