Italia in bici: Costa Tirrenica della Calabria
Muoviamo i nostri ultimi passi nel Cilento.
Devo dire che queste strade di montagna non sono niente male, qualche frana e qualche voragine ogni tanto ma nel complesso piuttosto bene, pure la gente ha diminuito il suonare dei clacson.
Da Palinuro pedaliamo a Marina di Camerota dove mangiamo pizza in abbondanza e ci separiamo da Victor che torna alla sua Roma.
Attraversiamo Lentiscosa alzandoci di quota: è un paesino carino e, per un tratto, così stretto che c’è un semaforo che regola il passaggio delle auto: un senso alla volta, attraverso un tunnel di case a schiera. Vecchi seduti al bar e giardini fioriti, c’è più amore e cura per le piante qui, rispetto al Nord, o è la stagione primaverile?
Le montagne dai bassi arbusti mi ricordano una lontana vacanza nei Monti Lessini, con la mia famiglia. A Marco ricorda la Corsica, quando all’orizzonte si vede il mare.

Marco per la strada
L’odore di stalla, di mucche, di capre e di pecore ci accompagna fino all’apparizione improvvisa di San Giovanni a Piro, baciata dal sole. Noi ci fermiamo a fare una foto mentre guardiamo curiosi un cicloturista che invece ne fa un disegno.

San Giovanni a Piro
“State attenti ai neri tra Lamezia e Palmi” ci raccomanda un fruttivendolo che ci regala delle pesche, lungo la strada.
Scopro al più presto la moda del posto: vespa e casco a scodella.

Felice con la mia “nuova” griglia da viaggio recuperata lungo la carreggiata!
Ripartiamo da Sapri con un cielo coperto, peccato per i colori del mare, fortuna per noi ciclisti. Ci affacciamo dall’alto della strada costiera su Acquafredda: siamo in Basilicata, selvaggia e addormentata in questa fresca mattina.
E più giù viaggiamo, meno turisti troviamo.
Imbocchiamo la SS18 che ci accompagnerà fino al traghetto per la Sicilia. Si pedala bene, a volte sfrecciano macchine veloci, a volte si sta soli noi due, pazienti e costanti.
Mi risveglio dai pensieri quando vedo i carabinieri. “Marco, Marco c’è la pula!”
Abbiamo già attraversato tre gallerie con il divieto di transito per le bici e a 100 metri c’è la prossima.
Che facciamo? Fermi in mezzo alla strada. Dai, proviamo a passare, alla peggio ci fermano.
Pedaliamo con fare indifferente ed un carabiniere con l’autovelox esclama ridendo: “Adesso vi faccio la foto! …Ce le avete le lucine si?”
“Si” esclamiamo “Abbiamo anche i gilet catarifrangenti!”
Via libera.
Mi da un senso di pienezza questa verde alta montagna alla mia sinistra dove la cima si nasconde nelle nuvole; questo azzurro e blu mare alla mia destra costeggiato da spiagge oro spezzate da promontori; questa strada che scorre alle mie ruote, la fatica della salita, l’aria fresca della discesa.
Oleandri dai fiori rosa e bianchi, paesi arroccati, canne di bambú, case bianche con l’intonaco scrostato, palme, la ferrovia a pochi metri dall’acqua.
Maratea, Praia a Mare, Scalea, Belvedere Marino, Paola.
Qui ci fermiamo in un lido ed i gentili proprietari ci regalano parte della loro cena e ci invitano a riposare sul divano del bar cullati dal rumore delle onde. Per questa notte, il custode del lido torna a dormire a casa, lasciando noi, guardiani della notte. Caffè e ciambella offerti per colazione.
Visitiamo Fiumefreddo Bruzio, un borgo alquanto bellino con tantissime fontanelle ed un castello di origine normanna. Dopo un’abbondante merenda con vista, cogliamo l’occasione di un buco alla mia ruota per aggiustare le tre camere d’aria rotte.

Castello di Fiumefreddo Bruzio
La giornata non è delle migliori perché Marco buca e squarcia il copertone mentre io mi perdo e pedalo chilometri in più controvento, riversando il mio nervosismo sulla mia bicicletta che si vendica spezzandosi la catena. Un brutto scherzo che mi costa altri 18 chilometri in aggiunta per raggiungere il meccanico.
L’indomani soffia lo scirocco, caldo e secco. Soffia contro, così ci fermiamo a ricaricarci in una tavola calda: squisita parmigiana a 3 euro.
Ancora alcuni chilometri e la strada gira, ora lo scirocco soffia in poppa e si vola fino a Pizzo. Qui ci facciamo un bagno ai piedi della Chiesetta di Piedigrotta, incavata nel tufo, e passeggiamo nei vicoli dopo aver mangiato il famoso tartufo, uno al cioccolato e uno al pistacchio.
(Mi si buca di nuovo la ruota)
Arriviamo stanchi a Tropea che potrebbe essere molto bella se non fosse talmente tappezzata di bar, ristoranti, alberghi &co che impediscono di vedere le fattezze delle case. Assaggiamo un arancino alla cipolla, un altro alla ’ndujia ed una pizza cipolla e olive. (Tutto di piccole dimensioni e grandi costi).
Facciamo la nostra prima dormita in un parco pubblico, nel centro di Tropea, dopo aver coperto con una certa soddisfazione le luci che illuminavano il nostro accampamento.
Dalla spiaggia deserta delle 7 e mezza di mattino, Tropea è uno spettacolo ed io vado camminando e torno nuotando. L’acqua è stupenda e con i miei nuovi occhialini vedo pure dei simpatici pescetti che si interessano ai miei piedi.
Da Tropea a Scilla percorriamo una strada interrotta al traffico da novembre 2017 per una frana, la situazione è a dir poco imbarazzante. La deviazione risulta infatti piuttosto lunga e disagevole per gli abitanti della zona, nonché frustrante per i lavoratori e gli studenti pendolari e per i mezzi di soccorso che ritardano notevolmente i tempi di percorrenza. Per la messa in sicurezza della provinciale fu progettata, alcuni anni fa, una galleria. I lavori per la sua realizzazione iniziarono a marzo 2010, ma furono sospesi dalla Provincia a febbraio 2011 e mai più ripresi. È lecito, quindi, chiedersi che fine abbiano fatto i fondi destinati quest’opera mai più costruita.
Siamo affamati e per questi paesini di montagna nulla è aperto a orario pranzo. Fin quando non troviamo un cartello con scritto “ ’Nduja Casereccia”, nel paese di Joppolo, e decidiamo di andare a chiedere. Entriamo con permesso nel patio di una casa dove una famiglia ha appena finito di mangiare.
“Prego, prego, volete un caffè?”
“Ma, no grazie, in realtà dobbiamo ancora mangiare, abbiamo visto il cartello della ‘ndujia…”
“Accomodatevi ragazzi, sedetevi”
Stringiamo la mano alla signora più anziana, al nipote, alla bisnipote e alla nuora.
“Se venivate poco prima mangiavate con noi! Mi dispiace per la confusione, vi cambio la tovaglia”
“No, signora non si preoccupi, va benissimo così!”
Ci porta in tavola delle birre, il vino, un pezzo di pane, del formaggio, la ‘nduja ed il salame entrambi fatti in casa da loro.
“È diventata una tradizione ormai, a Natale ci si trova tutta la famiglia e si fanno i maiali. Ma siete sicuri che non volete una pasta? Vi metto su una pasta, ci mette due minuti!”
“Così va benissimo, è la ‘nduja più buona che io abbia mai mangiato, complimenti!” dico, e lo penso davvero, è squisita.
Stanno lì, tutti, a turno, a farci compagnia. Ci raccontano della loro vita di campagna, delle bellissime spiagge di Joppolo, del poco turismo, della cipolla di Tropea che non è di Tropea ma di Ricadi e l’amaro del Capo che non è di Capo Vaticano ma di Spilinga. Dei giovani, che non hanno possibilità e devono andare via, della mafia e delle famiglie potenti, che per colpa di poche, si diffama tutta la Calabria.
Prima di ripartire ci mostrano i loro due cavalli ed un tenerissimo puledro di venti giorni, ci regalano delle banane e dei cetrioli e rifiutano categoricamente i nostri soldi: siamo stati loro ospiti.
“Fermatevi a dormire, così riposate” suggerisce la nuora.
Noi sorridiamo, ringraziamo mille volte e ripartiamo carichi di sensazioni ospitali.
La strada sale lenta e continua. Cambia il clima, fa freddo ed è nuvoloso. Ci accorgiamo solo in vetta che siamo alti e che, lì in fondo, si vede la Sicilia!
La Sicilia!
Ci emozioniamo, la meta è così vicina!

La Sicilia in lontananza
Una lunga discesa attraverso Bagnara Calabra e le sue case fatiscenti ci porta a Scilla al tramonto dove passiamo la nostra ultima notte sulla penisola italica. Merita assolutamente una visita.

Casa di Bagnara Calabra

Scorcio di Scilla
Sempre più ampi e dettagliati i tuoi reportage di viaggio.
Più interessante a partire dalla foto con fornellino in una terrazza di pietra…
Come è stata la traversata dello stretto?
Anzia
La traversata è stata breve, ben organizzata, senza fila e senza lunghe attese. 20 minuti.